Papà, co-fondatore e direttore di Frizzifrizzi.
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Desire and Discipline.
Designing Fashion at Iuav


Marsilio, giugno 2016



Nel 2015 il Corso di laurea in Design della moda dello Iuav di Venezia, diretto da Maria Luisa Frisa, ha compiuto 10 anni.
L'anniversario è stato celebrato da un libro che racconta il modo di lavorare, interpretare e insegnare la moda all'interno della scuola attraverso mappe concettuali e saggi visuali, attorno ad alcune parole chiave:identità, responsabilità,processi creativi, immaginazione,industria, archivio, curatela,corpo, materialità, autorialità.

A me è stato affidato un testo dedicato all'immaginario.



a cura di • Maria Lusa Fris con Saul Marcadent e Gabriele Monti
book design • Giacomo Covacich – Bruno





L’immaginario in valigia


L'immaginario non ha confini. A differenza di tutto ciò che è soggetto a leggi fisiche l'immaginario può benissimo fregarsene dello spazio e del tempo. E non c'è disciplina con regole tanto forti da ingabbiarlo. Se studi moda il tuo immaginario può affondare le fondamenta nell'architettura, nel cinema, nella cucina, in antiche discipline esoteriche, in depravate pratiche sessuali o nella speranza dell'arrivo degli ufo.

Tanta è la libertà che quando gli studenti arrivano in una scuola come questa, dove la moda si insegna a progettarla ma anche e soprattutto a immaginarla, non sanno bene cosa farsene di quella valigetta immaginaria piena di tutti gli immaginari(i) che, volenti o nolenti, hanno costruito oppure si sono appiccicati loro addosso. I più svegli quella valigetta la aprono subito e lasciano che gli altri possano saccheggiarla a piacimento. E intanto provvedono a riempirla con pezzetti d'immaginario che i docenti mettono a disposizione durante le lezioni, che altri studenti abbandonano nei corridoi, che i tanti ospiti che passano lanciano a piene mani prima di pigliare un treno e tornarsene a casa.

«Hai perduto un pezzetto di immaginario», dice la matricola a quello distratto che ne ha lasciato un po' sopra alla macchinetta del caffè.

«Prendilo pure, ne ho ancora tantissimo qua dentro», dice lo studente che sta per laurearsi, indicando la sua leggerissima e traboccante valigia immaginaria.

Dopotutto gli immaginari crescono. Si nutrono di impressioni, soprattutto quelle belle croccanti che trovi negli angoli e nei momenti più inaspettati. E un immaginario di provincia, cresciuto all'aperto, vivace come un grillo, anche se un po' claustrofobico, può benissimo diventare un sofisticato immaginario cosmopolita. E viceversa.

Può nascere aggettivo, l'immaginario, e togliere il peso della realtà da qualsiasi cosa (la mia borsa immaginaria è leggerissima e dentro posso tenerci cinque case, otto gatti, svariati guardaroba e ben trentasei anni di vita) ma quando decide di fare davvero sul serio, allora diventa sostantivo e si trasforma in un “sistema” che, in quanto tale, è fatto di relazioni, strette tra il pensiero e ciò che quest'ultimo conosce. Puoi mettere in relazione l'anatomia di un coleottero e un capospalla? Certo, a patto che tu conosca come sia fatto uno e come si costruisca l'altro.

«È evidente che non può far relazioni tra ciò che non conosce, e nemmeno tra ciò che conosce e ciò che non conosce. Non si possono stabilire relazioni tra una lastra di vetro e il pfzws. Si può invece stabilire relazioni tra una lastra di vetro e un foglio di gomma, per esempio». L'ha scritto Bruno Munari, uno che di progettazione se ne intendeva, e pure di immaginari (aggettivi) e immaginari (sostantivi).

La prima cosa da fare, dunque, è conoscere. E qui c'è un'intera scuola che mette a disposizione spazi, materiali, tempo, persone, idee. La seconda cosa è imparare a tirare fuori il meglio dalle relazioni di cui sopra: a rafforzare quelle che esistono già, a coltivarle, ad allacciarne di nuove così che l'immaginario non solo cresca in salute ma diventi sempre più forte, scattante come un elastico ma tanto solido da costruirci sopra persino una carriera. E, di nuovo, qui c'è chi ti mette sulla strada giusta. Ma a questo punto è necessario saperlo raccontare (spoiler alert: sì, lo Iuav Moda è il posto giusto anche per quello) attraverso le parole, le immagini, i prodotti o tutto assieme. Ciascuno trovi la propria strada, il linguaggio più appropriato e con cui ci si sente a proprio agio.

Perché è solo una volta che viene raccontato che un immaginario funziona, prende corpo nella testa di chi l'ha creato, comincia a vivere in quelle di chi lo usa, lo studia, lo compra, lo rivende, lo saccheggia, ci innesta nuove idee, ci fabbrica sopra il proprio, e così via.




































































© 2022 Simone Sbarbati Il ritratto illustrato è di Marco Goran Romano