Papà, co-fondatore e direttore di Frizzifrizzi.
Scrivo, curo, talvolta insegno, in ogni caso imparo.




︎︎︎ Chi sono / cosa ho fatto
︎︎︎ Diario
︎︎︎ Diario naturalistico
︎︎︎ Viaggi
︎︎︎ Appendice fotografica



︎︎︎ Instagram
︎︎︎ Twitter
︎︎︎ Medium






Papà, co-fondatore e direttore di Frizzifrizzi.
Scrivo, curo, talvolta insegno, in ogni caso imparo.



︎︎︎ Chi sono / cosa ho fatto
︎︎︎ Diario
︎︎︎ Diario naturalistico
︎︎︎ Viaggi
︎︎︎ Appendice fotografica


︎︎︎ Instagram
︎︎︎ Twitter
︎︎︎ Medium





Una straordinaria normalità.
Cucina e ricette in casa Morandi


novembre 2017



Nel marzo del 2014 l'associazione bolognese wonderingstars ha organizzato una serie di eventi dal titolo aroundmorandi, per raccontare la figura di Giorgio Morandi partendo da una dimensione intima, quella casalinga, o meglio, quella della tavola da pranzo. Grandi protagonisti dell'evento furono Carlo Zucchini — che frequentò Casa Morandi per quarant'anni e che fu nominato da Maria Teresa Morandi, la più giovane delle sorelle, Garante della Donazione delle opere di Giorgio Morandi al Comune di Bologna — e il ricettario scritto a mano dalla mamma e dalle sorelle del grande artista.

Quando poi è nata di l'idea di farne un libro con l'editore Corraini, l'associazione ha pensato di chiamare me per curarne i contenuti.
La mia idea è stata quella di tirare fuori storie e testimonianze sulla vita quotidiana in Casa Morandi a partire da alcune parole chiave contenute nelle ricette, andando a tratteggiare un affresco non cronologico ma molto intimo, focalizzato soprattutto sulla figura delle sorelle Morandi.
I contenuti si sviluppano “geograficamente”, cioè seguendo un ideale tour all’interno della casa, stanza per stanza.

Del libro (che si acquista qui) ho anche scritto l'introduzione e scattato alcune delle foto agli oggetti appartenuti all'artista e alla famiglia, molti dei quali finora mai esposti.



a cura di • wonderingstars
testi a cura di • Simone Sbarbati e Carlo Zucchini
fotografie • Germana Luisi e Simone Sbarbati
book design • Pietro Corraini con Giulia Semprini e Federica Ricci, con la collaborazione di Germana Luisi






Introduzione


«Ho il terrore di essere schiacciato dal peso di un fantasma. Un fantasma inafferrabile», ho scritto a un certo punto tra le tante pagine di appunti, i quali mi pareva cominciassero come a inseguirsi gli uni con gli altri, ramificandosi tra testimonianze, documenti, voci, echi, gemmando di continuo in nuovi spunti, come una siepe che s’infittisca a vista d’occhio andando inevitabilmente a nascondere quel che v’è dentro e oltre.
Cercando di affilare le cesoie e di farmi largo tra l’intrico, ho tentato quanto più possibile di ignorarlo quello spirito alto e allampanato, tanto silenzioso quanto capace di resistere a ogni tentativo di spostare la prospettiva: fare un passo indietro o farne due in avanti non faceva differenza; scegliere la lente più adatta, come un buon regista o un esperto fotografo consiglierebbero, neppure. Lui rimaneva lì, evidente ma tuttavia sfuggente e cangiante come una fata morgana, che t’illude di poterla afferrare ma non si fa prendere mai, fino a ridurti alla follia.
A un certo punto ho realizzato che l’unico modo sensato di procedere poteva essere semplicemente quello di rendere anche gli altri partecipi dell’esperienza. Ho svuotato le tasche dei miei pensieri mettendo sul tavolo tutti gli elementi raccolti senza curarmi di dar loro un ordine che sarebbe comunque stato impossibile anche solo poter pensare di raggiungere. Che se ne facciano quel che vogliono, mi sono detto. Che se la vedano loro, col fantasma. Ci si provino loro a passarci sopra con le armi della ragione e ad appiattirlo, nero su bianco, bidimensionale, su una pagina. A farne un personaggio come tanti in un testo teatrale.

Così:
 
Atto primo scena prima
Bologna, via Fondazza, interno giorno  ҉   salotto
Entra Giorgio Morandi.


Un poeta di teatro antico probabilmente ci sarebbe andato a nozze con un soggetto del genere. Anzitutto unità di luogo, l’intera opera ambientata in una casa, quasi il mondo esterno fosse fatto di cartapesta, pronto a crollare una volta che si provi a saggiarne la realtà. Pochi personaggi: un fratello silenzioso e geniale (che poi diventerà l’insostenibile fantasma per il sottoscritto) attorno al quale ruotano tutte le vicende della casa, tre sorelle nubili, ciascuna perfettamente (ma forse solo apparentemente) a suo agio nel proprio ruolo, una madre forte e dominante, una coppia di domestici. Infine numerose comparse, tutte già col loro posticino nelle enciclopedie, che entrano ed escono fisicamente dalla porta di casa o di cui si ha notizia dai dialoghi o dai messaggi che vengono spediti e ricevuti.
Il drammaturgo che volesse cimentarsi nell’impresa avrà a disposizione pure quel congegno narrativo a cui Alfred Hitchcock ha dato il nome di MacGuffin, quello che serve a dare una scintilla alla storia, ad innescare lo svolgersi delle vicende, tipo la busta coi 40.000 $ in Psycho, la collana ne La donna che visse due volte o la scatola di giocattoli in Amélie di Jean-Pierre Jeunet. E il MacGuffin, qui, è un ricettario, perché è attraverso le ricette raccolte dalla mamma e dalle sorelle Morandi che il fantasma ha cominciato a perseguitarmi. È grazie (o per colpa) del ricettario che sono entrato in casa sua, che ho sfogliato i libri che teneva sul comodino—Leopardi, Pascal, Hölderlin, Tagore, Bassani, Saper vedere di Marangoni, le poesie greche tradotte da Quasimodo e ovviamente la Bibbia—accanto a quel lettuccio che solo a guardarlo sembra di sentire il rumore delle molle che cigolano, quel lettuccio striminzito per una pertica di un metro e novanta quale sembra fosse lui. È sempre per il ricettario, pieno di ritagli, pieno di dolci, di dosaggi bislacchi, talvolta in lire o in soldi in luogo dei grammi e dei millilitri, che mi sono affacciato alla finestra del suo studio; che ho toccato i suoi occhiali, consumati dalla polvere e dal tempo, con un brivido lungo la schiena come solo gli accessori più intimi appartenuti a qualcuno che per sangue, amicizia o fama ti pare di conoscere nel profondo sanno procurarti; che, con l’empatia che un fumatore incallito può provare nei confronti di un altro fumatore incallito, ho tenuto in mano il suo poggia-sigarette, vanamente sperando di farlo parlare, l’oggetto intendo, come se un feticcio potesse aiutarmi a districare la matassa.

[continua]











































© 2022 Simone Sbarbati Il ritratto illustrato è di Marco Goran Romano